Nuovi scenari contemporanei

Nuovi scenari contemporanei

Il postmodernismo

Negli anni Ottanta del Novecento, ha incominciato a svilupparsi il postmodernismo.

Si può partire parlando del volume Scrivere le culture pubblicato nel 1986 da James Clifford e George Marcus, considerato il "manifesto" del postmodernismo.


Nei saggi raccolti viene messo in discussione uno dei fondamenti dell'antropologia "classica": l'attendibilità del resoconto etnografico. Secondo la tradizione, il ricercatore sul campo e la sua partecipazione diretta alla vita degli indigeni davano alla relazione etnografica sufficienti garanzie di oggettività e rispondenza al vero. Ma come aveva capito Geertz, la situazione tipica della ricerca non contempla un osservatore neutrale che registra,  in modo accurato e neutro gli eventi, ma vede l'incontro di due interpreti, l'antropologo e il nativo che lo informa.

Quando il ricercatore elabora il resoconto etnografico, seleziona ciò che reputa importante e scarta ciò che nella sua impostazione appare irrilevante. Il suo lavoro è sempre inserito in una prospettiva che deriva dalla sua cultura di appartenenza e che condiziona l'oggettività del suo sguardo e del suo ascolto.
La critica degli esponenti del postmodernismo, comprende anche una parte costruttiva, perché punta a rinnovare i metodi della disciplina, inducendo gli studiosi ad acquistare maggiore consapevolezza di tutto ciò che è implicito nella ricerca antropologica. 
Dal punto di vista dei postmoderni, gran parte dell'antropologia del Novecento ha cercato di costruire complesse costruzioni teoriche che propongono una spiegazione del mondo. Con Geertz e l'antropologia interpretativa, si è verificato un ritorno di interesse per le concrete particolarità culturali e per gli eventi storici.
L'antropologia contemporanea ha perciò riannodato i legami con la tradizione delle ricerche sul campo. Un significativo arricchimento degli studi antropologici è poi rappresentato dal contributo di una generazione di ricercatori nati e formatisi intellettualmente in regioni del mondo che conobbero la dominazione coloniale. Nel "mondo occidentale" si è sviluppata "l'antropologia del noi", che individua il proprio oggetto di ricerca nell'altro che è in mezzo a noi, come un turista.

Non-luoghi e media


Oggi gli antropologi sono chiamati a studiare le trasformazioni di società per molto tempo ritenute immobili e a osservare le forme di vita comunitarie all'interno delle metropoli multietniche e multiculturali.
Uno dei primi autori ad analizzare i contesti sociali metropolitani con l'etnografia e l'antropologia è stato Marc Augé. Lui ha dato due importanti contributi: l'indagine sui passeggeri della metropolitana, l'analisi dei "non luoghi".



Marc Augé: dal metrò ai non-luoghi

I due volumi delineano una vera e propria antropologia del quotidiano nel contesto delle società postmoderne: Un etnologo nel metrò, Non luoghi. Introduzione a un'antropologia della supermodernità.
Nel primo volume, Augé orienta il suo sguardo di antropologo sulla metropolitana. Augé definisce l'etnografia come l'analisi delle relazioni sociali considerate nel loro contesto, osservare con distacco e attenzione gli utenti della metropolitana è un tipo di indagine perfettamente rispondente agli scopi della sua disciplina. Quello che cambia da prima è il tipo di contesto, in questo caso ci troviamo in uno scenario urbano tecnologicamente avanzato in cui le persone vivono contemporaneamente 3 dimensioni della cultura: locale, globale e virtuale 
Nel secondo volume si parla di "non-luoghi". In geografia e in antropologia, il luogo è uno spazio ben definito che possiede 3 caratteristiche: identitario, relazionale e storico.
Per Augé i non luoghi non possiedono nessuna di queste 3 caratteristiche, non hanno un'identità, non hanno una storia e non producono relazioni durevoli tra persone.  I non luoghi sono per esempio gli aeroporti, i centri commerciali, parchi divertimento, gli autogrill...: sono spazi del mondo contemporaneo destinati al commercio, al trasporto e al tempo libero in cui le persone transitano o soggiornano per brevi periodi. I non luoghi sono uguali dappertutto, offrono gli stessi servizi e le stesse merci, sono progettati e arredati nello stesso modo, nel senso che rimpiccioliscono il mondo. secondo l'antropologo, i non-luoghi sono gli spazi di circolazione, comunicazione e consumo della "surmodernità": chi vi transita è un individuo anonimo, che riceve l'astratta identità di "cliente", possessore di una carta di credito, tessera o biglietto d'ingresso.

L'analisi etnografica dei media


Negli ultimi decenni del Novecento il metodo di indagine etnografico è stato applicato con successo anche a settori di ricerca diversi da quelli tradizionali degli antropologi, fino a confrontarsi con i gusti dei telespettatori dei serial televisivi. I mass media sono veri e propri produttori e trasmettitori di cultura, nonché veri e propri agenti di socializzazione, il metodo etnografico applicato alla loro analisi ha rinnovato gli studi in questo settore e ha permesso di fare importanti scoperte.
Gli Audience Studies sono un ambito di ricerca che ha origine in Gran Bretagna e negli USA. Gli autori si propongono di ottenere una conoscenza del pubblico radiotelevisivo più precisa e analitica di quella fornita dai dati quantitativi ottenuti, ad esempio con le rivelazioni degli ascolti realizzate dall'Auditel. Secondo questi autori, sono poco affidabili anche gli studi condotti in laboratorio, dal momento che risultano lontani dalle situazioni della vita reale e poco attenti alle molteplici modalità di fruizione. Essi preferiscono i metodi etnografici, perchè indirizzati alla rivelazione degli aspetti qualitativi, i più efficaci

sono: analisi del contenuto dei programmi, focus group, osservazione ed infine storie di vita.

L'obiettivo è raccogliere testimonianze sulle preferenze degli spettatori, sul ruolo che occupano i media nella loro vita e su come alimentano il loro immaginario. Le domande a cui l'etnografia dei media radiotelevisivi cerca di rispondere sono: quali sono i contenuti trasmessi dai media?, come reagiscono gli spettatori alle proposte dei media?, quale uso dei contenuti trasmessi dai media fanno le persone nella vita di tutti i giornali?, qual è il contributo fornito dai media alla creazione di un immaginario individuale e collettivo?
L'etnografia dei media si pone di fronte alla giornata-tipo televisiva, trattandola come un unico testo la cui trama è costituita da molteplici narrazioni. Per capire come reagiscono gli spettatori e quale uso dei contenuti fanno nella vita di tutti i giorni, l'etnografia predilige ricerche di tipo qualitativo, condotte sul campo con pochi soggetti, avvalendosi dei metodi dell'intervista libera, delle storie di vita, dell'osservazione all'interno di gruppi di ascolto. Date le ricerche, si scopre che gli spettatori non sono così passivi. Un'ampia fetta di telespettatori ha un atteggiamento oppositivo nei confronti dei contenuti dei programmi I giovani di oggi sono orientati verso forme di comunicazione maggiormente partecipate e interattive come internet e la telefonia mobile; inoltre sono coinvolte dal fenomeno dell'Interazione TV-cinema-internet. In sintesi, l'approccio etnografico ai media ha dimostrato che sull'argomento "comunicazione di massa" non è possibile generalizzare: non esiste un pubblico televisivo o un utente medio, ma tanti pubblici e tanti spettatori con modalità diverse di ricezione e incorporazione dei media.

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